CUORE DI

UN'ANALISI SU DEVILMAN

 

Leggendo il seguente "Cuore di manga" noterete senza dubbio come Marco Gibin si discosti nettamente dal tono nostalgico-memorialistico, che caratterizza questa rubrica, e che vorremmo preferibilmente preservare. Ma ricordatevi anche che "Cuore di manga" vuole essere la palestra per aspiranti collaboratori.

 

E mia intenzione fare un'analisi critica di alcuni aspetti del Devilman di Nagai. Innanzitutto, è molto interessante come egli definisce la figura degli antagonisti: nel nr. 1, alle pagg. 51-59, i demoni vengono descritti come un popolo dotato di

 

numerose abilità fisiche corporee, tra cui la metamorfosi e la capacità di fondersi con altri corpi, ma comunque vulnerabili ad attacchi fisici. lo scrittore mette in risalto che essi possiedono un'innata tensione al male, la quale, per il momento, trova spiegazione solo in

 

 


 

un naturale istinto distruttivo (anche se, alla pag.57, i demoni sembrano nutrirsi dei propri simili). La figura del diavolo di Nagai differisce, quindi, da quella classica in quanto sprovvista di abilità magiche e pur sempre soggetta a forze naturali (da questo punto di vista, questi mostri non sono molto diversi dai Grandi Antichi ideati da Lovecraft). Vorrei puntualizzare che, anche se Silen, nel nr. 6, chiama in suo aiuto alcuni dei demoni attraverso strane parole, queste non sono da considerarsi necessariamente una formula magica.
Solo in seguito gli uomini avrebbero caricato la figura del diavolo (di cui mantengono un ancestrale ricordo) di significati arcani e simbolici. Anche la messa nera e il sabba (citati nel nr. 2 alle pagg. 70-71)

 

vengono presentati privi di implicazioni esoteriche: questi due riti servirebbero solamente a creare uno stato di eccitamento necessario ad annullare la propria razionalità che impedirebbe la fusione con il diavolo. Il fatto che quest'ultimo elemento manchi ai demoni equiparerebbe questi mostri ad animali feroci, con la differenza che essi sembrano rifiutare volutamente qualsiasi forma di approccio non violento con un altro essere, al fine di appagare la loro sete di sangue. Questo concetto è ben espresso alle pagine 72-73 dei nr. 2.
la figura del demone va, in seguito, arricchendosi di ulteriori elementi. Nel nr. 3, alle pagg. 22-23, Nagai, narrando della fusione tra Akira e Amon, ci fornisce indirettamente altre informazioni: nel momento in cui si teme per la propria incolumità

 

 


 

fisica, si arriva ad attaccare il potenziale pericolo, annullando la propria razionalità; nel nr. 4 sia Silen che Devilman sembrano avvertire la battaglia incipiente e temono l'avversario, ma cercano lo scontro per non essere sopraffatti da uno stato di angoscia insostenibile. Sono questi i motivi che spingono i diavoli alla violenza.
Nagai mostra i demoni capaci di comunicare tra di loro (la prima volta avviene nel nr. 3 alle pagg. 34-35), inserisce l'elemento di un'organizzazione sociale tra di essi e la presenza di strateghi e capi (i demoni sudditi arrivano addirittura a sacrificare la propria vita per obbedire ai loro ordini: si rendono conto che, altrimenti, incorrerebbero in un destino peggiore). Vediamo ora come Nagai interpreta la razza umana: egli sembra averne una visione molto pessimistica. Nei primi numeri, attraverso alcuni personaggi come i teppisti dei nr. 1 o Miki, sembra quasi voler suggerire che l'umanità è frivola, superficiale, disposta a farsi dominare dai propri istinti. Molto interessante è il fatto che gli uomini, possedendo l'ancestrale ricordo dei demoni, abbiano sviluppato la loro tecnologia, inconsciamente, proprio per far fronte a un loro attacco.
Al di là dello sviluppo raggiunto in campo militare, però, non hanno saputo svilupparsi egualmente da un punto di vista sociale: nel nr. 8 Nagai inizia a descrivere un'umanità che, nel momento del pericolo, si 

 

rivela estremamente caotica, disorganizzata, che ritorce contro se stessa la propria tecnologia. Anche quando la civiltà umana prende delle contromisure contro i diavoli (i gruppi antidemoni) esse si rivelano dei tutto inadeguate: gli uomini in preda al terrore le usano contro loro stessi tentando di rompere inutilmente lo stato di panico che i loro avversari sono venuti a creare, utilizzando i più deboli come copro espiatorio. Da un lato, quindi, Nagai descrive una rozza, i demoni, brutale e letale in quanto freddo e astuta; essi rifiutano di coesistere con altri e forme di vita e tentano anche di distruggersi tra di loro. Al lato opposto, la razza umana, fisicamente debole, dominata dai propri istinti autodistruttivi, anche più dei demoni. Memorabile, a questo proposito, la scena nel n . 9 alla pag. 76 in cui vengono mostrati i capi di stato divenuti demoni: si sono lasciati dominare ed erano privi di razionalità, Il risultato finale, comunque, è in entrambi i casi l'autodistruzione: il paradosso è che due razze apparentemente molto diverse (la prima barbarica e la seconda civilizzata) sono invece molto simili e non presentano assolutamente le caratteristiche affinché un individuo possa crescere, svilupparsi sia fisicamente che intellettualmente in modo armonico insieme agli altri. Nei n r. 13, a I la pag. 70, Nagai accomuna totalmente gli uomini ai diavoli. Esiste comunque ancora una speranza per entrambe le razze: per i demoni è costituita dal fatto che alcuni, tra di loro, sono in grado di amarsi e provare affetto reciproco (Silen e Kairn nel nr. 6) e, per gli umani, dal fatto che comunque esistono degli individui psicologicamente forti (quelli diventati 'devilman') in grado di instaurare una società produttiva e pacifica.
Alla fine, comunque, il mondo ritorna a essere una sorta di paradiso terrestre: la presenza dell'acqua, nella quale si sono sviluppate le prime forme di vita, può lasciare intendere che altri esseri nasceranno, si svilupperanno, moriranno, si spera non commettendo gli stessi errori dei loro predecessori.

Marco Gibin, Chioggio (VE)

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